Le Commissioni I e V della Camera, nella notte tra il 15 e 16 luglio ’13, hanno votato gli emendamenti all’art. 84 del D. L. 69/2013 che ha reintrodotto nel nostro sistema giudiziario il tentativo obbligatorio dei mediazione.
È stato espresso un voto essenzialmente positivo sull’obbligatorietà dell’istituto, ma sono stati approvati due emendamenti che rischiano, nel caso di approvazione definitiva in fase di conversione, di annientare le potenzialità dell’istituto a tutto scapito della società civile, per di più a spese degli organismi di mediazione.
Vediamo in pratica quali le linee programmatiche delle Commissioni.
- È stato introdotto il principio della Competenza territoriale degli organismi.
- È prevista l’assistenza legale obbligatoria in mediazione, nonché l’efficacia esecutiva del verbale di accordo sottoscritto dagli avvocati; sebbene la difesa tecnica obbligatoria non sia contemplata dal nostro ordinamento in fase stragiudiziale.
Tuttavia, sono gli emendamenti 84.40 e 84.5 ad infliggere il colpo di grazia all’istituto.
L’emendamento 84.40 (presentato dai deputati Bonafede, Castelli, Sorial, Currò, D’Incà, Caso, D’Ambrosio, Cariello, Brugnerotto) prevede la gratuità del mancato accordo preliminare: “Nel caso di mancato accordo all’esito del primo incontro nessun compenso è dovuto per l’organismo di mediazione.
Quindi la mediazione appare uno strumento efficace per selezionare l’accesso alla giustizia, che in Italia ha assunto oramai dimensioni abnormi, come affermato dalla stessa Commissione Giustizia nella seduta del 9 luglio scorso, ma il servizio di mediazione – perché di un pubblico servizio oramai si parla – deve essere reso completamente a spese degli organismi privati (emendamento 84,40) e, come se ciò non fosse sufficiente, si aggiunge un limite temporale di 4 anni con l’emendamento 84.5 a firma dell’onorevole Ferranti, ignorando che un cambiamento culturale di tipo copernicano – quale il ricorso alla mediazione – non può realizzarsi nel volgere di soli 4 anni!
Ed allora occorre coerenza: non può affermarsi in linea di principio la necessità ed utilità dell’istituto e poi negarla con due “postille” o, peggio ancora, addossare i costi del servizio agli organismi privati e ai liberi professionisti. La prestazione del mediatore dovrebbe essere intesa quale prestazione di scopo? E di quale scopo parliamo? Siamo nell’alveo della costituzionalità?
Inoltre la gratuità del mancato accordo nel corso del primo incontro potrebbe rivelarsi un valido espediente volto a disincentivare le parti dal concreto raggiungimento di un accordo, dal momento che il soggetto che non ci tiene ad arrivare all’accordo cercherà di usufruire della gratuità del servizio.
Occorre, quindi, logicità nel perseguimento degli obiettivi e, purtroppo, dalla lettura dei lavori parlamentari non sembra emergere questo elemento essenziale.
Pubblicato il 16 luglio 2013.