Il Tar Lazio, con sentenza n° 01351 del 23 gennaio 2015 – nell’ambito procedimento proposto dall’Unione Nazionale delle Camere Civili nel 2010, dunque prima delle modifiche apportate al D.lgs. 28/2010 e al D.M. 180/2010 dal “Decreto del Fare” – ha respinto la maggior parte delle richieste di coloro che nel 2010 avevano impugnato il regolamento di attuazione del decreto legislativo 28/2010, ossia il D.M. 180/2010.
In altri termini ciò vuol dire che la mediazione come condizione di procedibilità è in linea con il dettato costituzionale. È pur vero, però, che già con il D.L. 69/2013 il legislatore era intervenuto in maniera tale da ridurre drasticamente i dubbi di legittimità costituzionale.
Tanto ciò è vero che il TAR ha decretato che “Le questioni di legittimità costituzionale spiegate dai ricorrenti avverso il d. lgs. n. 28 del 2010, come modificato nelle more del giudizio dall’art. 84 del d.l. 21 giugno 2013, n. 79, convertito dalla l. 9 agosto 2013, n. 98, in riferimento agli artt. 24 e 77 Cost. risultano, per quanto sopra, infondate.”
Ancora una volta, è possibile affermare che la mediazione obbligatoria supera il vaglio delle censure di incostituzionalità!
Tuttavia, in riferimento al regime economico, ci sono alcuni passaggi della sentenza che destano grosse perplessità.
La disposizione prevista all’art.16, comma 2 del D.M. 180/2010 (relativo alle spese per l’avvio della mediazione) e il comma 9 dello stesso articolo (in base al quale le indennità di mediazione andavano corrisposte prima dell’inizio del primo incontro di mediazione in misura non inferiore alla metà) appaiono oggi in contrasto con l’art. 17, comma 5-ter del D.lgs. 28/2010: “entrambe le disposizioni regolamentari si pongono in contrasto con la gratuità del primo incontro del procedimento di conciliazione, previsto dalla legge, laddove le parti non dichiarino la loro disponibilità ad aderire al tentativo”.
L’effetto di questa pronuncia è “l’annullamento degli artt. 16, commi 2 e 9, e 4, comma 3, lett. b), del decreto n. 180 del 18 ottobre 2010 e s.m.i., adottato dal Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dello sviluppo economico”.
Ed allora le tariffe di mediazione – nei limiti imposti dalla tabella A allegata al decreto ministeriale – fino a nuova eventuale decretazione, sono ora sostanzialmente libere e aperte al mercato? Ogni organismo avrà la facoltà di applicare un proprio tariffario?
Il rischio maggiore, ovviamente, è per gli organismi privati che si trovano a dover fronteggiare la concorrenza degli organismi pubblici che godono di ben altri vantaggi. Gli organismi pubblici non devono, ad esempio, sostenere i costi di una sede e personale dedicato in via esclusiva.
Oppure gli Organismi dovrebbero – forse – erogare a loro spese un servizio ritenuto indispensabile, socialmente utile, richiesto dalla comunità Europea, nonché in linea con la Carta Costituzionale?
Occorre fare chiarezza in tempi brevissimi, poiché l’incertezza ed il caos che questa sentenza potrebbe suscitare esigono un pronto intervento delle autorità competenti.
È quantomeno illogico ritenere che un servizio professionale così qualificato e necessario possa erogato a costo zero.
Un’ennesima volta gli ODM devono far proprio il monito brechtiano – “quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa dovere” – e resistere ancora!
Pubblicato il 27 gennaio 2015.