Il 9 maggio scorso il Ministro Severino, al Plenum del CSM, afferma che “…per i tentativi di mediazioni cui ha aderito la parte…nella metà dei casi si giunge all’accordo” e aggiungeva “…pertanto, può dirsi che se vi è partecipazione al tentativo di mediazione, la sua percentuale di riuscita è alta; quindi, quanto più si sensibilizzerà l’adesione al meccanismo della mediazione, tanto più si accrescerà l’effetto deflattivo sui carichi di lavoro della giustizia civile…”, rilevando la necessità di accelerare il processo di sensibilizzazione per la definizione delle controversie con metodi alternativi.
Inoltre, solo lo scorso 23 novembre il Ministro Severino definisce ancora la mediazione come “…un importante strumento deflattivo…” ed afferma che “…stiamo facendo riunioni con magistrati e avvocati per verificare quali possano essere le possibili forme di mediazione obbligatoria…”.
Ebbene a meno di un mese di distanza dall’ultima affermazione, un silenzio assordante e una cortina di ferro sono calate sulla mediazione.
Occorre, però, essere coerenti! La mediazione può rappresentare nel nostro sistema giustizia “un importante strumento deflattivo” solo se, perlomeno in una fase di start-up, è obbligatoria. Altrimenti resta un meraviglioso, quanto inutile orpello. E inutile mistificare la realtà. I tentativi di mediazione, dal 23 ottobre u.s. si sono azzerati, come nell’anno in cui (marzo 2010-marzo 2011) era facoltativa.
Perciò è necessaria una decisa presa di posizione del Ministro della Giustizia, qualunque essa sia.
È pur vero che il particolare clima da fine legislatura ed il repentino susseguirsi di eventi non agevolano questo compito. Eppure è necessario un intervento chiarificatore del Guardasigilli, che di certo non ignora che solo nel 2011 la somma pagata a causa della lentezza dei processi si aggira sui 200 milioni di euro e i dati preventivati dal Ministero per il 2013 sono in crescita esponenziale con previsioni di sanzioni nell’ordine dei miliardi di euro.
E allora se è pur vero che la vittoria ha cento padri, ma la sconfitta è orfana, ci si chiede perché nell’inaugurare l’anno giudiziario si pone tra gli obiettivi strategici la mediazione come elemento che contribuisce alla diminuzione del flusso di entrata nel sistema giudiziario della domanda di giustizia ed ora che si era prossimi al traguardo si consente – in un perfetto immobilismo degno della peggiore classe politica – che l’istituto della mediazione venga travolto da un mero vizio di forma.
La motivazione della sentenza è stata depositata lo scorso 6 dicembre, confermando l’illegittimità dell’art. 5 comma 1 del D. Lgs. 28/2010 esclusivamente per un errore di tecnica legislativa, aprendo peraltro il fianco a possibili azioni risarcitorie. Ed allora perché lo stesso on. Angelino Alfano, tra i “padri” della mediazione, non si adopera nei confronti del Governo per richiedere un intervento che ripristini l’obbligatorietà, atteso che si tratta di un mero atto formale?
Questo ostile isolamento in cui è piombata la mediazione, quali futuri scenari nasconde?
È un “obbligo politico e una necessità sociale”, ancorché un’opportunità, intervenire per favorire l’eliminazione di questo difetto di forma, è un “obbligo politico e una necessità sociale” rispettare chi ha creduto e investito nella mediazione, è un “obbligo politico e una necessità sociale” rispettare il “cittadino” che può raggiungere un accordo soddisfacente anche in presenza di condizioni sfavorevoli, è un “obbligo politico e una necessità sociale”.
E mentre in Italia si consuma una “cosa strana” in Europa, a Bruxelles, il 18 dicembre u.s., trionfano le ADR (Alternative Dispute Resolution) e, la sua evoluzione, le ODR (Online Dispute Resolution), innovando le regole che assicureranno che le controversie contrattuali insorte tra consumatori e aziende vengano risolte fuori dai tribunali grazie a procedure di risoluzione alternativa delle controversie gestite interamente on line (http://europa.eu/rapid/press-release_IP-12-1381_en.htm?locale).
Come si comporterà la nostra politica quando, nel 2013, dovrà implementare le regole di ADR/ODR? Si farà condizionare dai circa 200.000 della casta (salvaguardando i fatturati di pochi) o dai 60.000.000 di potenziali utenti che hanno determinato la rappresentanza in Parlamento (salvaguardando gli interessi di un’intera Nazione)?
E se le sanzioni che si pagano per le lungaggini processuali (2011, 200 euromilioni) si devolvessero alla “casta” quale “ammortizzatore sociale”, magari inserita in un sub-emendamento insieme alla proroga CIGS3 approfittando della inconsueta arrendevolezza del Parlamento ai più strani e originali emendamenti (sale da gioco, pneumatici, etc)?
E poi, l’atteggiamento del Parlamento si potrebbe configurare un “tradimento alla delega” che il “cittadino” gli ha conferito? E, per veder riconosciuto il diritto ad una Giustizia veloce, equa e sostenibile, a quale Corte bisogna rivolgersi?
Pubblicato il 20 dicembre 2012