Il Governo, nel suo primo importante provvedimento il c.d. Decreto del Fare, ha ripristinato l’obbligatorietà della mediazione. La metodologia utilizzata è stata quella di conservare l’impianto del D. Lgs. 28/2010, facendone salvo l’articolato che, d’altro canto, era stato dichiarato illegittimo solo per eccesso di delega legislativa nella parte in cui ha introdotto l’obbligatorietà della mediazione.
Risulta chiaro che l’obiettivo perseguito è stato, innanzitutto, quello di reintrodurre l’obbligatorietà, unico modo in grado di stimolare i cittadini ad utilizzare lo strumento della mediazione. D’altra parte il venir meno dell’obbligatorietà aveva comportato il venir meno delle sanzioni processuali collegate all’obbligatorietà stessa, smorzando l’effettività della procedura e neutralizzando i possibili effetti deflattivi sulla mole dei processi civili.
Ebbene la classe degli avvocati è nuovamente pronta a sollevare gli scudi per difendersi da quello che, a torto, è ritenuto il nemico principale, ossia il tentativo obbligatorio di mediazione. Si combatte ostinatamente un nemico che non si conosce appieno, di cui non si vuol conoscere l’enorme potenziale che può rappresentare innanzitutto per la classe forense. Si sprecano inutilmente tante energie in questa guerra, perdendo opportunità e non focalizzando altri ed importanti problemi.
Ed allora è quanto meno opportuno fare qualche riflessione sui vantaggi che la mediazione è in grado di far conseguire agli avvocati, ma evidenziando dapprima come il giudizio sia divenuto sempre meno conveniente per l’avvocato.
Vero è che negli ultimi tempi molto è cambiato per gli avvocati, innanzitutto sul piano economico. Tutto è accaduto in periodo successivo all’introduzione della mediazione, ma di certo non sono imputabili o comunque riconducibili alla mediazione.
Prima di ogni altra cosa gli avvocati sono stati privati dei privilegi tariffari: sono sparite le tariffe obbligatorie, anche grazie ad una nota sentenza della Corte Cassazione, la n. 20269 del 2010 . Adesso gli avvocati debbono pattuire con il proprio cliente l’onorario loro dovuto per i servizi prestati, il che apre alla contrattazione con le tutte le conseguenze possibili.
Ed ancora, sono state poi drasticamente ridotte le somme cui le parti soccombenti nei processi possono vedersi condannati a vantaggio della parte vittoriosa., pertanto gli avvocati non possono più confidare nel vedere saldati i propri onorari dalla parte soccombente. Al tutto bisogna aggiungere l’aumento dei contributi unificati.
Il ricorso al giudizio rappresenta, quindi, di un percorso accidentato per l’avvocato ed il suo cliente. Ed uno dei rischi maggiori è proprio quello di veder inevitabilmente incrinato il rapporto fiduciario che sin dalla notte dei tempi ha caratterizzato il rapporto avvocato ed assistito.
Perché combattere contro i mulini a vento e non soffermarsi, invece, a riflettere sui reali vantaggi?
Il cliente non si assiste solo in tribunale, al cliente va offerto un ventaglio di possibili risoluzioni del suo problema con grande professionalità e stando al passo con i tempi che mutano. Il giurista sacerdote degli arcana juris appartiene al passato!
Assistere il proprio cliente in una procedura è una prestazione di tutto rispetto e che comporta gratificazioni non solo professionali, ma anche economiche. Difatti proprio sul piano economico, il legislatore ha ora previsto meccanismi fortemente premianti per l’avvocato che favorisce il raggiungimento di un accordo transattivo o conciliativo.
Si pensi al caso di una causa civile di primo grado con udienza di precisazione delle conclusioni fissata nel 2013 o 2014 in termini di compenso per l’avvocato, una conciliazione intervenuta nelle more darebbe diritto al professionista di richiedere l’intera tariffa per l’opera prestata aumentata del 25% e conseguentemente un compenso certamente superiore rispetto a quello liquidabile in una sentenza vittoriosa.
E ancora, in caso di conciliazione di un conflitto in fase stragiudiziale l’avvocato può richiedere un aumento della tariffa pari al 40% del compenso dovuto per l’opera prestata.
Pubblicato il 7 luglio 2013