Lunedì 18 marzo, nell’Aula Magna della Corte
Suprema di Cassazione, il Vice Presidente del Csm Michele Vietti ha presentato il
suo nuovo libro “Facciamo Giustizia”, edito da Egea – casa editrice
dell’Università Bocconi, con la prefazione del Presidente del Consiglio Mario
Monti. Sono intervenuti il Presidente del Consiglio Mario
Monti, il ministro della Giustizia Paola Severino, il Primo Presidente della
Corte di Cassazione Ernesto Lupo, il Procuratore Generale della Corte di
Cassazione Gianfranco Ciani, il Presidente del Consiglio nazionale forense
Guido Alpa, il Presidente dell’Anm Rodolfo Maria Sabelli.
Vietti fornisce analisi puntuale sullo stato della
giustizia in Italia e sviluppa riflessioni critiche di particolare interesse,
offrendo, in maniera pragmatica, delle auspicabili e condivisibili soluzioni..
Mario Monti, in prefazione, ha spiegato come il tema della
giustizia sia strettamente legato all’economia e agli investitori. Vietti, nel
corso del suo intervento, ritorna sul tema sottolineando che c’è un rischio
investimento raccordabile non solo alle normative tipiche dell’economia quali
le norme fiscali, sull’appalto etc., ma soprattutto va raccordato al sistema
giustizia nel suo complesso; ad esempio è fondamentale il tempo necessario per
l’esenzione di un credito, il tempo per l’insinuazione al passivo di un fallimento.
L’attrattività del nostro paese per gli investitori esteri è condizionata anche
esopratutto dalle lungaggini processuali. Pertanto peculiare importanza assume il capitolo
sul contenzioso civile che versa in una situazione drammatica. Non solo
l’ingolfamento della macchina giudiziaria crea danni economici, ma non risponde
alla domanda di giustizia dei cittadini.
Vietti
ricorda che “non viviamo più in un contesto limitato, bisogna guardare cosa
accade anche negli altri paesi europei e rimarca che i problemi – simili ai nostri – e sostanzialmente uguali
nei paesi di civil law e nei paesi di common law altrove sono stati risolti. Se
gli altri paesi hanno risolto problemi analoghi ai nostri, ciò vuol dire che la
soluzione esiste. Ed allora occorre confrontarsi con gli altri sistemi
giudiziari”.
“Per
affrontare la situazione – argomenta Vietti nel suo libro – é indispensabile
introdurre forme di tutela che superino la lettura “tribunale-centrica”
dell’art.24 della Costituzione”, verso il quale esprime comunque la massima
riverenza.
Vietti punta sui c.d. “circuiti alternativi per
risolvere le lungaggini processuali e soprattutto per ricomperre il rapporto
preesistente al conflitto.
“Occorre mettere da parti miti come l’immodificabilità
del giudicato, è inutile attendere questa mitica sentenza definitiva che poi
non arriva mai.” Anche al fine di assicurare l’attività nomofiliaca
della Cassazione è necessario uno sgravio del carico giudiziario. Non è
possibile rifare il processo ad ogni grado di giurisdizione.
Secondo Vietti, quindi, il ricorso alla
giurisdizione va considerato un estremo rimedio, esperibile solo quando ogni
altro mezzo di risoluzione del conflitto é stato vanamente tentato.
Il modello da sviluppare é quello delle risoluzioni
alternative, dei metodi ADR. Vietti guarda con particolare fiducia all’istituto
della mediazione.
“La perdita
dell’obbligatorietà del tentativo di mediazione in seguito alla sentenza della
Consulta – dichiara Vietti – inciderà sull’effettivo utilizzo dell’istituto ma
ero e resto convinto che l’unico modo realmente efficace per indurre i
cittadini ad utilizzare lo strumento sia quello di prevederne
l’obbligatorietà”.
L’obbligo, quindi, almeno in una prima fase,
avrebbe rappresentato uno “strumento educativo”.
L’obbligatorietà della mediazione è necessaria per
vincere tutte le resistenze culturali che questo metodo alternativo di
risoluzione delle controversie incontra. Grazie all’obbligatorietà i cittadini
potranno prendere dimestichezza con questo istituto ed apprezzarne i benefici
sociali ed economici.
D’altro canto, osserva Vietti, siamo un popolo con
un altissimo indice di litigiosità, di tipo “caucasico” , ma non possiamo
portare in tribunale tutte le beghe da cortile!
Ovviamente l’obbligatorietà non basta, occorre anche
la motivazione delle parti e questa può essere solo il risultato di un profondo
cambiamento culturale.
Pubblicato 20 marzo 2013